Il mio nome è nessuno [Roma]

il mio nome è
‘Capitolo diciannove’, appena iniziato.
Dalla mia posizione riesco a vedere questo, due pollici che fermano le pagine e una borsa che sostiene il libro e le mani. E’ una signora, o una ragazza, gli stivali non mentono. Il colore è quello del ghiaccio opaco, quello della neve che ha subìto lo smog.
Lei è seduta, io sono in piedi, di fianco. Ma il volto rimane coperto. Si aggiungono pochi altri particolari, un mazzo di chiavi che spunta, il portachiavi è colorato. Faccio la fatica che si fa a scuola quando l’occhio cerca di arrivare al compito di quello che ci è seduto davanti, un privilegio di chi non ha mai avuto problemi di vista. Ho la meglio sulla miopia e sulle due persone che mi separano da lei: “La rocca si ergeva… “, capitolo diciannove. Uno dei due pollici solleva una pagina, e solleva anche me: in alto a sinistra, sulla pagina successiva, i caratteri sono più gentili e decisamente più leggibili: Valerio Massimo Manfredi, Il mio nome è nessuno. Coincidenze.

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